martedì 18 gennaio 2022

Magic - Netdecking contro Deckbuilding

Chiunque abbia giocato a Magic the Gathering in un contesto competitivo o quantomeno non completamente casalingo si è imbattuto prima o poi nel fenomeno delle liste. Tutti i formati Constructed prevedono regole di costruzione del mazzo (tipicamente 60 carte, massimo in 4 copie ciascuna) che rendono importante l'ottimizzazione degli slot. Così per un giocatore risulta particolarmente interessante vedere come altri giocatori, magari di successo, hanno risolto il puzzle dell'ottimizzazione del mazzo consultandone la lista, che almeno nei tornei più grandi è da consegnare obbligatoriamente al momento dell'iscrizione. 

Il trend non è nuovo, già negli anni novanta era possibile trovare le liste dei migliori piazzamenti dei grandi tornei in apposite riviste, spesso quelle che pubblicavano periodicamente le quotazioni delle singole. Oggi internet rende quasi superfluo il problema di reperire le liste, con siti come mtgtop8.com o mtgsalvation.com interamente dedicati alla pubblicazione e condivisione dei mazzi.
Nei primi anni della storia di Magic la costruzione del mazzo era parte integrante del divertimento. Ma con l'avvento della scena competitiva sempre più giocatori hanno iniziato a preferire copiare i migliori mazzi piuttosto che provare a costruirne da zero. Questo fenomeno è tipicamente descritto dal termine netdecking

Questo fenomeno ha spinto i tornei di Magic - anche a livello locale o amatoriale - in una spirale competitiva che ha reso sempre più complesso approcciarsi ad un torneo con un design di mazzo originale. Il metagioco è ormai organizzato in veri e propri tier, che rendono trasparente ai giocatori l'equilibrio dei matchup e che spingono sempre più all'appiattimento verso pochi archetipi molto competitivi. 

Ma questa strategia paga davvero di più?

Un pool di carte di Magic

I limiti del netdecking

I problemi principali del netdecking sono a mio avviso due. Da un lato imitare liste pensate per tornei oltre le 50 persone significa assumere un metagame diverso da quello di qualsiasi torneo locale. Chi progetta un mazzo per un torneo con 200 partecipanti deve tenere in conto la probabilità di incontrare specifici mazzi, soprattutto per quanto riguarda la sideboard. Ma un torneo locale non necessariamente rispecchia le stesse proporzioni di metagioco di un contesto altamente competitivo. Questo sia perché non tutti i giocatori saranno disposti a spendere le cifre necessarie per collezionare le carte di un mazzo competitivo (e quindi ambito), ma anche perché è sufficiente la presenza di un paio di mazzi più rari per distorcere completamente le esigenze di ottimizzazione.

Il secondo problema riguarda tornei di qualsiasi livello ed è euristico. Portare un mazzo molto giocato significa affrontare un avversario preparato, che conoscerà già la strategia, le carte da temere, le scelte di sideboard da fare. Questo problema è più importante di quanto si possa pensare, in quanto tanto più un mazzo sarà competitivo e giocato, tanto più i giocatori testeranno specificamente contro di esso.

Storie di deckbuilding innovativo

Normalmete ad ogni grande torneo il metagioco e le liste dei tier si evolvono gradualmente, cosa che a volte porta alla completa creazione di nuovi archetipi. È così che ad esempio un mazzo come Dark Horizons è progressivamente evoluto in Maverick in Legacy.

A volte la pubblicazione di un nuovo set rende talmente palese l'efficacia di alcune carte e interazioni da far convergere numerosi giocatori verso un nuovo archetipo. Così è accaduto in Modern nel 2016, quando all'uscita di Oath of the Gatewatch più giocatori hanno sviluppato separatamente un mazzo Eldrazi praticamente identico, così efficace da egemonizzare la Top 8 del Pro Tour Oath of the Gatewatch con ben 6 mazzi presenti.

Pro Tour Oath of the Gatewatch, mirror match di Eldrazi tra Lepore e Scott-Vargas

Ma non mancano gli esempi dell'impatto dirompente che singoli giocatori o team posso avere progettando nuovi mazzi da zero. 

Chris Pikula si presentò ad un GP Legacy del 2005 con Deadguy Ale (oggi conosciuto semplicemente come Pikula), un mazzo appositamente confezionato per contrastare il meta del tempo, e che riuscì a portarlo a risultato senza giocare il blu e basandosi su una strategia di controllo considerata poco efficace (mana disruption). 

Nello stesso anno vinse il titolo mondiale giocando in Standard un mazzo rogue basato su un toolbox che abusava del ruling di Gifts Ungiven, che permette di cercare 4 carte nel mazzo ma che può essere utilizzato per spedirne due direttamente al cimitero semplicemente fallendo nella ricerca delle altre due, e non fornendo quindi alcuna scelta all'avversario. 

Non mancano quindi esempi di campioni che siano fatti valere irrompendo nel metagioco con soluzioni completamente originali, e anzi è così che molti dei tier nei formati Constructed sono nati.

MtG Gifts Ungiven nel mazzo di Frank Karsten

La difficoltà del deckbuilding

Fare seriamente deckbuilding non è banale. Si tratta di una competenza parallela e separata rispetto a quella necessaria per giocare, e va costruita col tempo. Questo problema da solo scoraggia molti giocatori dal tentare soluzioni innovative, perché nel breve termine significherà vincere molto meno rispetto a quanto si farebbe copiando le liste più performanti, che già sono state sottoposte a ottimizzazione e test centinaia o migliaia di volte.

Un secondo elemento di complessità è rappresentato dalle regole. Per poter creare una lista innovativa e sorprendente è necessario conoscere molto bene le potenziali interazioni tra carte, e per far questo serve un livello di approfondimento delle regole che non è necessario al giocatore medio, al quale è sufficiente imparare bene le regole riguardanti il proprio mazzo e dei probabili matchup. Non è raro trovarsi davanti giocatori confusi su regole ampiamente usate alla minima deviazione dal pool di carte usato dai tier. 

I vantaggi del deckbuilding

Se progettare un mazzo da zero può essere difficile e addirittura frustrante, esistono però vantaggi che rendono l'opzione particolarmente appetibile. Il primo punto di forza è l'effetto sorpresa: in un gioco con un metagame così noto e stabile come Magic, mettere l'avversario davanti ad una situazione inedita significa sottoporlo ad una sfida più complessa da gestire, sia perché l'esperienza aiuta di meno, sia perché non sapere cosa aspettarsi da un matchup è un'ulteriore fonte di stress e richiede un ulteriore livello di concentrazione. 

Un secondo vantaggio è la sintonia col proprio mazzo. Se questo è disegnato da zero, la conoscenza delle interazioni presenti sarà sicuramente maggiore. Alcune situazioni rarissime saranno state considerate più e più volte durante la progettazione. Il livello di testing è superiore, e anche l'aggiornamento della lista risulta più facile, visto che varie potenziali aggiunte da considerare in vista dell'evoluzione del metagame saranno già state selezionate e provate durante il playtesting

In fine, un vantaggio è rappresentato dall'asimmetria informativa. Se è vero che durante una partita l'avversario dovrà confrontarsi con un'incognita, non è vero il contrario. Chi ha progettato un mazzo da zero saprà come questo deve confrontarsi con il resto del metagame, cosa che fornisce un vantaggio competitivo unidirezionale. 

Io stesso sono un grande fan dell'approccio innovativo al gioco, tanto che ho creato diversi archetipi di mazzo (in coppia con un altro designer) che mi hanno portato risultati a volte più soddisfacenti di mazzi già consolidati che ho semplicemente riottimizzato per il meta da affrontare.

In conlusione, il deckbuilding è un aspetto complesso e sfidante dell'hobby, ma una volta effettuato un investimento di tempo iniziale può diventare remunerativo in termini di risultati, sia perché è una strategia divergente che può cogliere di sorpresa l'avversario, sia perché l'approfondimento fatto su regole e interazioni diventa prezioso per risolvere a proprio vantaggio situazioni di gioco poco frequenti. 

sabato 15 gennaio 2022

Giochi da tavolo - i german ibridi e le radici del loro successo

 Ormai da almeno un decennio i german (o eurogame) hanno conquistato anche gli scaffali più ostili. Non esiste una collezione di giochi da tavolo prima di almeno due o tre dei titoli più blasonati, e anche in America sono ormai un genere consolidato, e sempre più game designer d'oltreoceano si dedicano allo sviluppo di questa categoria di giochi accessibili e soprattutto poco conflittuali. 

Catan


I german e i limiti del genere

Nonostante i pregi che hanno determinato il successo del genere, molti giocatori esperti trovano gli eurogame meno sfidanti e vari rispetto ad altri generi, soprattutto rispetto agli heavy game. Sono quindi visti a metà tra giochi complessi e filler, forse troppo lunghi e complessi per i neofiti ma troppo semplici e poco interattivi per gli entusiasti di board game. Un fenomeno interessante è però emerso a partire dal 2016, principalmente a opera dell'ormai pluripremiato designer Jamey Stegmaier, creatore di Scythe. La novità è quella di ibridare i german con altri generi tradizionalmente distanti, dagli ameritrash, agli wargame ai deckbuilding game. 


Scythe

Stegmaier è ormai riconosciuto come uno dei principali autori degli ultimi venti anni, ma quando nel 2016 ha firmato Scythe era un semplice designer emergente con innegabili capacità di costruzione di una community. Il gioco è per l'80% un ottimo german, ma è per la componente rimanente che si distingue. Scythe unisce le classiche dinamiche di worker placement su una mappa esagonale che associa ogni casella a una specifica risorsa ad un paio di caratteristiche tipiche degli american: la guerra e l'uso massiccio di carte. 

In Scythe si pescano carte continuamente: per determinare gli "incontri" dei propri personaggi, per determinare le caratteristiche della propria "fabbrica", ma anche per accumulare bonus da utilizzare nella risoluzione dei conflitti. Questi ultimi sono l'altra caratteristica peculiare del gioco, e seppur sporadici i combattimenti sono inevitabili nel corso di una partita, sia perché esistono diversi incentivi nell'accumulare potenziale bellico, sia perché contribuiscono al raggiungimento della vittoria (fino a due delle sei stelle obiettivo possono essere ottenute combattendo), sia perché in alcuni turni possono costituire un'opportunità tattica in grado di guadagnare in termini di risorse un intero turno di produzione a discapito di un avversario.

Il gioco riesce ad essere equilibrato nell'inserire le nuove dinamiche senza ridurre lo spazio dedicato a quelle tipiche del german, sia in termini di frequenza di utilizzo sia dal punto di vista del peso nell'economia di una partita. Scythe riesce a unire organicamente il meglio dei due mondi, e non è un caso se è uno dei giochi più apprezzati e di successo degli ultimi 20 anni, basti guardare alla classifica di BoardGameGeek.

Scythe


Dune Imperium

L'altro gioco di cui voglio parlare è invece molto più recente: si tratta di Dune Imperium, pubblicato nel 2020 dalla Dire Wolf e firmato Paul Dennen (noto ai più per Clank).

Il gioco unisce tre componenti distinte ma ben integrate. La prima è una base da worker placement con varie aree di gioco a piazzamento competitivo esclusivo (come avviene per Everdell), che permettono di ottenere risorse (spezia, denaro o acqua) ma anche di pescare carte o di rafforzarsi militarmente. 

La seconda meccanica è un vero gioco nel gioco: le possibilità di piazzamento dei lavoratori e altri effetti rilevanti sono guidati dalle carte in mano ai giocatori, pescate da un mazzo in continuo aggiornamento grazie ad un vero e proprio deck-building game, completo di mercato e risorse necessarie ad acquistare nuove carte.

L'altra componente è la gestione del conflitto in forma di confronto bellico simbolico. Nella fase della guerra i giocatori ottengono vantaggi più o meno grandi a seconda della propria forza, espressa combinando le truppe schierate al fronte con le carte disponibili in mano. Chi ottiene il punteggio globale maggiore vince il conflitto per il turno, gli altri partecipanti arrivano secondo e terzo con vantaggi progressivamente inferiori, purché abbiano partecipato con almeno una truppa (i giocatori decidono infatti nella fase di worker placement se e quante truppe allocare, e quante accumularne per i turni successivi). Questo aspetto del gioco è semplice e riesce a non accentrare troppo il tempo di gioco, ma risulta comunque avere una dignità propria, con un esito sempre incerto fino all'ultima carta e col risultato che ha un peso non indifferente sull'equilibrio di gioco.

Il gioco è tra i più discussi del 2020, e ha sicuramente il merito di combinare con successo mondi apparentemente lontani come i german e i deck building game, cosa che è riuscita a rinnovare ulteriormente un genere caratterizzato da una già abbondante produzione di titoli e da un livello di qualità media più alta che mai.

Dune Imperium


Conclusioni

Se il genere eurogame è all'apice del successo, essendo riuscito a conquistare anche il continente nordamericano, è pur vero che ha raggiunto una parziale saturazione, è stato per così dire perfezionato. Questo genera una domanda di innovazione che ben si sposa con il desiderio degli hardcore gamer di godere di versioni più complesse e articolate dei german, cosa che ha portato alla nascita di un sottogenere ormai maturo e pieno di titoli interessanti. Il futuro dei german si evolverà sempre più verso forme ibride o astratte, ma è lungi dall'essere un genere esaurito. E probabilmente questi hybrid game rappresentano l'evoluzione naturale e più interessante di un fenomeno ludico ormai globale.